Poor things, o come Lanthimos rilegge Voltaire
- Marco Gisotti
- 2 set 2023
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 9 set 2023
All’origine di “Poor things” di Yorgos Lanthimos c’è il romanzo omonimo di Alasdair Gray, geniale e folle come le altre opere di questo scrittore ancora troppo sconosciuto nel nostro paese. Fortemente ispirato al Frankenstein di Mary Shelley, è la storia di Bella Baxter, resuscitata da uno scienziato folle che l’ha ri-creata innestando nella sua testa il cervello del feto che aveva in grembo.
Bella deve dunque imparare tutto da zero anche se nelle sembianze è una giovane donna.

La sua ingenuità si trasforma, poco a poco, in totale assenza di pregiudizi e di preconcetti, in una visione del mondo ottimista e ottimistica perché guidata dalla ragione. Anche quando messa di fronte al peggiore dei crimini, lo sfruttamento e l’uccisione dei bambini, Bella è capace di assorbire l’orrore e di immaginare che in ogni caso il mondo sia un luogo che è sempre possibile migliorare.
Il viaggio che Bella intraprende alla scoperta del mondo è un viaggio simile a quello del Candido di Voltaire: anche a lei ne capiteranno di tutti i colori, arrivando persino a prostituirsi in un bordello di Parigi, dove forse scoprirà cosa significa amare grazie ad una collega che la introduce ai piaceri lesbici e al socialismo.
Il padre
Il suo creatore, che lei chiama “God”, “dio”, ma solo perché esso è il diminutivo di Godwin Baxter, è uno scienziato dall’aspetto mostruoso, sul quale il padre, scienziato anch’egli, ha praticato ogni genere di esperimento e di brutalità per amore di conoscenza. E anche “God”, un grande Willem Dafoe, è una mente illuminata, anch’egli privo di pregiudizi: creatore e mentore, dunque.

Emma Stone and Mark Ruffalo (Credits Atsushi Nishijima)
L’amore che infondono questi due personaggi verso la vita dona al racconto un’aura da favola razionalista, che spiega come il mondo non possa essere dei cinici, dei moralisti o dei furbi – che sono sempre uomini.
Un apologo del potere femminile, che non diventa mai manifesto, che deve però trovare un equilibrio con quello maschile per annullare quella convenzione che sono i ruoli.
Molto diverso da un altro film nella sale in questi giorni, quel “Barbie” di Greta Gerwig che, pur tentando di mettere in atto una rivoluzione, rimane comunque ancorato nella morale borghese e non scardina i ruoli di genere, non capovolge la società ma trasforma solo la bambola in un essere sessuato: a ben vedere, la più glamour delle versioni di Pinocchio.
Poor things compie un’operazione molto più profonda e politica: mascherato da commedia steampunk, svela le ipocrisie delle convenzioni sociali, gioca con la fanta-scienza, scherza con i sentimenti e ci ammonisce, come il finale di ogni buona favola, affinché la rivoluzione cominci dal proprio giardino. Che, se ci pensiamo, ci riporta ancora una volta a Voltaire.
----------------------
Marco Gisotti
Giornalista e divulgatore
Comments